L’accertamento della responsabilità, l’errore medico e il risarcimento del danno
Come abbiamo visto ad ogni comportamento di un soggetto che provoca un danno ad un altro, consegue il risarcimento dei danni. questo si verifica nel caso dell’errore medico.
Naturalmente, si deve trattare di responsabilità dovuta ad un comportamento illecito (penale o civile), nel senso che si è in presenza di una colpa (e naturalmente dolo) dovuta a negligenza, imprudenza, imperizia, ovvero ad inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
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La responsabilità civile del medico è individuata in due forme di responsabilità: quella contrattuale e quella extracontrattuale.
Vi è la colpa del medico allorchè, in relazione alla sua attività, venga lesa l’integrità psico-fisica di una persona o ne venga cagionata la morte.
La giurisprudenza ha svolto un continuo lavoro di mutamento e ricerca proprio nell’ambito della responsabilità del medico (e degli enti ospedalieri, privati o pubblici) e in quello della individuazione della responsabilità: se debba rinvenirsi in ambito contrattuale o extracontrattuale.
La giurisprudenza, ormai conformemente, tende a limitare il ruolo della responsabilità extracontrattuale allargando quello della responsabilità contrattuale.
Tale mutamento fà sì che il danneggiato, in virtù del principio della responsabilità contrattuale, non debba provare che il medico abbia abbia agito con dolo o colpa, deve solo prova l’esistenza del rapporto contrattuale, l’esistenza del danno subito e il nesso causale tra intervento e danni.
Saranno il medico e la struttura sanitaria convenuti, che dovranno provare di aver agito con diligenza e senza colpa ed evitare così il conseguente risarcimento dei danni (mancanza di errore).
C’è da precisare che la responsabilità contrattuale include anche la violazione di obblighi correlati alla prestazione principale (intervento medico, chirurgico ecc.) come quello di informazione (consenso informato), di sorveglianza sul decorso della malattia, di attenta vigilanza nella fase postoperatoria.
La giurisprudenza ha sviluppato l’ulteriore figura di responsabilità del “contatto sociale”, soggetta alle medesime regole dei contratti. Il contatto sociale si realizza allorché un soggetto richiede l’erogazione di un servizio e viene fornito dall’altra parte (vedi enti ospedalieri e/o ambulatori): la responsabilità è caratterizzata dal fatto che, pur in mancanza di un contratto, la fattispecie può essere sottoposta alle regole proprie dell’obbligazione contrattuale. (“in tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, l’ente ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche dell’obbligazione di quest’ultimo nei confronti del paziente, la quale ancorché non fondata sul contratto, ma sul “contatto sociale”, ha natura contrattuale, atteso che ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso” – Cass. civ. Sez. III, 19-04-2006, n. 9085)
Tale indirizzo è confermato da numerose successive sentenze.
Corte di Cassazione, Sentenza 13 ottobre 2017, n. 24073
“Deve al riguardo essere ribadito il principio di diritto secondo cui in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilita’ professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi e’ stato, ovvero che, pur esistendo, esso non e’ stato eziologicamente rilevante (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 577 del 11/01/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 27855 del 12/12/2013)”.
Il consenso informato e l’errore medico
Consiste nel diritto del paziente ad essere pienamente informato dal medico sul tipo di intervento, sulla diagnosi, sui rischi, sulle conseguenze e sulle eventuali alternative, e nel diritto di poter così scegliere, accettando o rifiutando i trattamenti medici (operazioni terapie, diagnosi ecc) che gli vengono proposti dal medico.
La giurisprudenza di merito e di legittimità è ormai conforme nel ritenere che la mancanza di tale consenso informato da parte del medico costituisca, di per sè e a prescindere da errore medico, un illecito e un inadempimento del professionista e sia motivo di risarcimento dei danni.
Il mancato consenso costituisce un illecito punibile anche penalmente (salvo l’applicazione dell’art. 54 c.cp. – stato di necessità) in quanto determina la lesione della situazione giuridica del paziente inerente alla salute ed all’integrità fisica ed in quanto deve considerarsi eseguito “in violazione tanto dell’art. 32 comma secondo della Costituzione, (a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto dell’art. 13 della Costituzione, (che garantisce l’inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica), e dall’art. 33 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 (che esclude la possibilità d’accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo”. (Cass. Civ. sentenza n. 5444/2006).
Consenso informato – Oneri probatori – Modalità improprie di acquisizione (modulo generico; consenso orale)
Deve al riguardo ulteriormente porsi in rilievo come la struttura e il medico vengano in effetti meno all’obbligo di fornire un valido ed esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omettono del tutto di riferirgli della natura della cura prospettata, dei relativi rischi e delle possibilità di successo, ma anche quando acquisiscano con modalità improprie il consenso dal paziente (v. Cass., 21/4/2016, n. 8035).
Si è da questa Corte ritenuto ad esempio inidoneo un consenso ottenuto mediante la sottoposizione alla sottoscrizione del paziente di un modulo del tutto generico (v., da ultimo, Cass., 19/9/2019, n. 23328; Cass., 4/2/2016, n. 2177), non essendo a tale stregua possibile desumere con certezza che il medesimo abbia ricevuto le informazioni del caso in modo esaustivo (v. Cass., 8/10/2008, n. 24791) ovvero oralmente (v. Cass., 29/9/2015, n. 19212, ove si è negato che -in relazione ad un intervento chirurgico effettuato sulla gamba destra di un paziente, privo di conoscenza della lingua italiana e sotto narcosi-potesse considerarsi valida modalità di acquisizione del consenso informato all’esecuzione di un intervento anche sulla gamba sinistra, l’assenso prestato dall’interessato verbalmente nel corso del trattamento).
Con riferimento al consenso prestato anche solo oralmente questa Corte ha peraltro avuto più volte modo di precisare che la relativa idoneità non è in termini assoluti esclusa, dovendo invero valutarsi le modalità concrete del caso. In presenza di riscontrata (sulla base di documentazione, testimonianze, circostanze di fatto) prassi consistita in (plurimi) precedenti incontri tra medico e paziente con (ripetuti) colloqui in ordine alla patologia, all’intervento da effettuarsi e alle possibili complicazioni si è invero ritenuto idoneamente assolto dal medico e/o dalla struttura l’obbligo di informazione e dal paziente corrispondentemente prestato un pieno e valido consenso informato al riguardo, pur se solo oralmente formulato (cfr. Cass., 31/3/2015, n. 6439. Cfr. altresì Cass., 30/4/2018, n. 10325).
Consenso informato – Diritto di autodeterminazione: il danno non è in re ipsa – Oneri probatori
Sul punto, la giurisprudenza della Suprema Corte è del tutto consolidata nel senso di configurare il diritto all’autodeterminazione quale diritto autonomo e distinto rispetto al diritto alla salute e nell’individuarne il fondamento negli artt. 2, 13 e 32 Cost. (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019; Cass., 3, n. 16892 del 25/6/2019; Cass., 3, n. 19199 del 19/7/2018; Cass., 3, n. 17022 del 28/6/2018), ma è altresì consolidata nel richiedere un giudizio controfattuale su quale sarebbe stata la scelta del paziente ove fosse stato correttamente informato atteso che, se avesse prestato senza riserve il consenso a quel tipo di intervento, la conseguenza dannosa si sarebbe dovuta imputare esclusivamente alla lesione del diritto alla salute determinata dalla successiva errata esecuzione della prestazione professionale, mentre, se egli avesse negato il consenso, il danno biologico scaturente dalla inesatta esecuzione della prestazione sanitaria sarebbe riferibile “ab origine” alla violazione dell’obbligo informativo e concorrerebbe unitamente all’errore relativo alla prestazione sanitaria alla sequenza causale produttiva della lesione della salute quale danno conseguenza (Cass., 3, n. 28985 del 11/11/2019).
La giurisprudenza è in particolare consolidata nel senso di ritenere che le conseguenze dannose derivanti dal diritto all’autodeterminazione debbano essere debitamente allegate dal paziente tenuto conto che il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla sua scelta soggettiva (criterio della vicinanza della prova) essendo il discostamento dalle indicazioni terapeutiche del medico, eventualità non rientrante nell’id quod plerunque accidit; al riguardo la prova può essere fornita con ogni mezzo, ivi compreso il notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, non essendo configurabile un danno risarcibile “in re ipsa” (Cass., 3, n. 28985 dell’11/11/2019; Cass., 3, n. 20885 del 22/8/2018; Cass., 3, n. 2369 del 31/1/2018; Cass., 3, n. 2998 del 16/2/2016).
Consenso informato: necessaria allegazione della scelta di non effettuare intervento
Corte di Cassazione sentenza n. 16503/2017: